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Il mal di montagna - 2a parte

 

La redazione sottolinea che:
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non sono riferibili ne a prescrizioni ne a consigli medici.
 
 
 Classificazione del “Male di montagna”

Il mal di montagna è una patologia che può colpire sia gli escursionisti e gli alpinisti che salgono rapidamente e soggiornano ad un’altitudine superiore ai 2500 metri sul livello del mare, sia coloro che direttamente in aereo, raggiungono località poste ad alta quota, esempio La Paz (circa 4000 m.), Lhasa (3650 m.) o Cusco (3360 m.).
Le patologie correlate alla quota vengono distinte in acute e croniche in base alla durata dell’esposizione del corpo umano all’ipossia ipobarica.
Le forme acute sono quelle più note in quanto tipiche dei soggetti (alpinisti, escursionisti, ecc) che vivendo abitualmente a basse quote si recano per periodi limitati a quote elevate.
 
Rientrano nelle forme acute:
  1. AMS (il male di montagna)acuto.
    E una sindrome da mancato adattamento all’ipossia ipobarica, , compare dopo circa 6-18 ore.
    E' caratterizzato da mal di testa, nausea, vomito e debolezza muscolare. Colpisce il 25% delle persone che salgono in alta quota utilizzando mezzi che consentano la salita veloce.
    E’ la forma clinica più comune e benigna tra le patologie correlate all’esposizione all’ipossia ipobarica.
  1. AMS (il male di montagna)subacuto.
    Si riscontra in alpinisti che hanno trascorso un lungo periodo ad alta quota e non si sono acclimatati.
    I sintomi sono stanchezza fisica e mentale, mal di testa, senso di peso toracico con fame di aria, insonnia, mancanza di appetito, dimagrimento, colorito cianotico e frequenti perdite di sangue dal naso.
    L’evoluzione di questa forma di mal di montagna è rappresentata dalla scomparsa dei sintomi o dal passaggio alla forma cronica.
  1. AMS (il male di montagna)cronico.
    E caratterizzato da sintomi simili alla forma subacuta ma più accentuati
  1. HACE (Edema cerebrale d'Alta Quota).
    L’edema cerebrale e l’emorragia retinica da alta quota sono caratterizzate dal “malfunzionamento” delle membrane che separano i vasi sanguigni dal tessuto cerebrale e da quello retinico con conseguente edema e grave danno dei tessuti
    E’ caratterizzato da mal di testa violento, non trattabile con i comuni farmaci, sonnolenza, stanchezza, stato confusionale, difficoltà a eseguire movimenti semplici come il camminare su una linea retta fino a perdita di conoscenza e morte. Forma potenzialmente letale
  1. HAPE (Edema Polmonare d'Alta Quota).
    E' caratterizzato dal “malfunzionamento” delle membrane alveolari dei polmoni che consente il passaggio di liquido sieroso dal sangue all’interno dei polmoni con conseguente grave insufficienza respiratoria.
    Compare dopo circa quattro giorni, in persone che sono salite rapidamente ai 4000 metri di quota.
    La sintomatologia, caratterizzata da cianosi, tosse stizzosa, difficoltà di respirazione e emissione di un secreto schiumoso e rosato per la presenza di sangue (espettorato rosato), è legata alla presenza di liquidi negli alveoli. Forma potenzialmente letale.
 
La malattia cronica di montagna (detta anche “malattia di Monge”, dal nome dello studioso che nel 1925 ne segnalò i primi casi in Perù), meno nota rispetto alle forme acute, è invece tipica delle popolazioni che vivono stabilmente a quote elevate, come nelle regioni himalayane o in Sud-America, e presentano le conseguenze degli adattamenti cronici all’ipossia ipobarica, di cui la più tipica è la policitemia (elevato numero di globuli rossi nel sangue).
E’ curioso ricordare che, poiché la policitemia inizia a manifestarsi già dopo alcune settimane di permanenza in quota, molti atleti pianificavano in passato periodi di allenamento pregara in località di alta montagna per potenziare le capacità di trasporto massimo di ossigeno da parte del sangue.
Di seguito verrà preso in considerazione principalmente l’AMS in quanto si tratta della forma più comune alle quote europee ma paradossalmente anche quella meno nota.

Il male acuto di montagna (AMS)
L’AMS si caratterizza dalla comparsa dopo rapide ascensioni oltre i 2000 m di un insieme sintomatico tutto sommato atipico (e quindi poco distinguibile da altre condizioni patologiche) con cefalea associata a nausea, vertigine, insonnia, debolezza, ecc.
Proprio queste caratteristiche generiche ne hanno fatto sottostimare l’incidenza per molto tempo e solo recentemente è divenuto evidente che al contrario l’AMS è una forma comune negli escursionisti ed alpinisti che frequentano quote tra i 2000 ed i 3000 m.
Chiunque può cadere vittima del mal di montagna.
Questo è fondamentalmente legato alla fisiologia individuale (fattori genetici) e al ritmo di salita. Età, sesso, allenamento o precedenti esperienze in quota non hanno effetti significativi, alcuni si acclimatano rapidamente e possono salire veloci ed altri non riescono a star bene nonostante una lenta ascensione. Sfortunatamente non c'è ancora la capacità di prevedere chi sia più soggetto al mal di montagna.

 

L’AMS compare di solito tra le 6 e le 12 ore dopo l’arrivo in quota e possono permanere anche per due e tre giorni (salvo che il soggetto non rientri a quote più basse prima).
Trattandosi di patologia connessa all’ipossia ipobarica, l’incidenza dell’AMS aumenta con la quota in modo direttamente proporzionale.
Si stima che l’AMS sia rara sotto i 2000 m aumentando la sua incidenza con l’aumentare della quota, portandosi verosimilmente tra il 10 e il 20% fino a 3000 m per superare il 30% per quote oltre i 3000 m.
Oltre i 5000 m/slm la maggior parte dei soggetti lamentano sintomi da AMS.

 

Mentre è ormai noto che i sintomi dell`AMS sono riferibili a sofferenza cerebrale dovuta a vasodilatazione ed edema , i motivi che producono tali anomalie sono solo ipotizzati: anomalie del sistema di auto-regolazione della circolazione cerebrale, liberazione di mediatori chimici, disfunzione delle membrane della barriera emato-encefalica, ecc.
L’evidente suscettibilità individuale che caratterizza peraltro tutte le forme di mal di montagna viene spiegata nella ridotta capacità in alcuni soggetti di incrementare la ventilazione polmonare come principale risposta all’esposizione acuta all’ipossia ipobarica.
E’ stato anche ipotizzato che una maggiore disponibilità di liquido cerebro-spinale possa proteggere, attraverso meccanismi di compenso idraulico all’interno della scatola cranica, dall’edema cerebrale e quindi dall`AMS.

 

La diagnosi
La diagnosi dell`AMS è per ora esclusivamente clinica e correlata al riconoscimento dei sintomi.
Il primo sintomo, quasi onnipresente, di mal di montagna è la cefalea e quando uno o più dei seguenti sintomi l'accompagna, a seguito di una salita a quote superiori ai 2500 m, va diagnosticato Mal di Montagna Acuto (AMS):
-          perdita di appetito, nausea e/o vomito
-          fatica e/o debolezza
-          giramenti di testa e/o vertigini
-          difficoltà nel sonno
Tutti questi sintomi possono variare dal blando al grave e il mal di montagna acuto è stato paragonato ad un brutto post-sbronza.

 

Terapia
Il trattamento dell`AMS, trattandosi di patologia benigna e auto-limitante, è soprattutto sintomatico.
Il semplice riposo alla stessa quota, con la somministrazione di liquidi e blandi analgesici (aspirina, ibuprofen, paracetamolo), farmaci che non nascondono un eventuale peggiorare dei sintomi, è spesso sufficiente a limitare i disturbi che come detto sopra non durano di solito oltre le 24-48 ore.
Importante è comunque di non procedere con l’ascensione in caso di sintomi accertati di AMS, onde evitare l’aggravamento del quadro clinico.
Nei casi più intensi la discesa a quote inferiori può essere consigliata per la rapida scomparsa dei sintomi cui tipicamente si associa.
Restate in quota o scendete finchè i sintomi non sono completamente scomparsi.
Solo allora sarete acclimatati e potrete riprendere la salita.

 

Se avete sintomi di Mal di Montagna, NON SALITE ULTERIORMENTE.

 

Salire con i sintomi di AMS significa peggiorare e mettere a repentaglio la propria incolumità.La maggior parte dei casi di edema cerebrale sono conseguenza dell'aver violato questa regola.

 

Antidolorifici (acido acetilsalicilico in primo luogo) e antiemetici sono solitamente in grado di controllare la cefalea ed il vomito che affliggono i soggetti suscettibili.
Solo nei casi più gravi, quando si tema un peggioramento verso le forme più gravi, può trovare impiego la somministrazione di Acetazolamide (250 mg ogni 8-12 ore), l’unico farmaco di cui sia dimostrata l’efficacia nel trattamento di tutte le forme di mal di montagna.
I cortisonici vengono anche talvolta usati per limitare l’entità dei sintomi.
La prevenzione dell`AMS è data principalmente dalla programmazione di ascensioni più graduali che prevedano soste di acclimatazione adeguate all’entità globale del dislivello e alla suscettibilità individuale.
I farmaci sopraccitati possono essere impiegati anche nella prevenzione dell`AMS.

 

Un dilemma comune è quello posto dalla domanda se il mal di testa dipende dalla quota o da altro.
Se assumendo uno dei farmaci prima citati la cefalea scompare velocemente e completamente è molto difficile che il mal di testa sia dovuto alla quota.
Qualora insorgessero problemi più gravi, oltre alla discesa che resta comunque la soluzione ideale, si possono adottare diversi trattamenti, almeno per guadagnare tempo là dove una rapida discesa non sia possibile.
Lasciamo le scelte farmacologiche ai medici e ci soffermiamo su due strumenti di grande validità:
-        l'ossigeno
-        la sacca iperbarica.
L'ossigeno fa scomparire rapidamente i sintomi del mal di montagna con un flusso moderato (2-4 litri/minuto via cannula nasale). Possono essere necessarie varie ore di trattamento, una durata insufficiente può causare un ritorno aggravato dei sintomi. Il suo costo e la necessità di un minimo di addestramento lo rendono poco pratico e, là dove disponibile, riservato ai casi più gravi di edema.
La sacca iperbarica portatile (sacca di Gamow) è una sacca stagna in grado di contenere una persona che viene portata in pressione attraverso un pompa manuale. La persona al suo interno si trova a respirare in un'atmosferea pari a qualla che troverebbe circa 1500/2000 metri più in basso. Due ore di trattamento sono il minimo per ottenere degli effetti ma a volte possono essere richieste molte ore per portare la persona fuori pericolo.
E' comunque indispensabile scendere appena possibile.